Lavorare in maniera più intelligente, non più duramente

7 Marzo 2022
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Scott Miller
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Stavo lavorando ad un progetto e dovevo identificare qualcuno che potesse essere il “volto” dell’iniziativa.
La natura dell’iniziativa non è importante, diciamo solo che era qualcosa di simile a condurre un programma radiofonico, realizzare un podcast, scrivere un libro. Ero alla ricerca del candidato giusto e un collega mi aveva suggerito il nome di un dipendente. Basandomi sulla mia precedente esperienza con la persona in questione avevo rifiutato immediatamente. Non era stato un rifiuto secco, avevamo parlato dei pro e dei contro nel coinvolgerla prima. Non ero molto d’accordo non perché credevo che non fosse in grado di svolgere il lavoro ma perché pensavo: “Sarebbe stata disposta a farlo?”
 
Si era sempre dimostrata affabile, cortese e sicuramente era competente. A mio avviso, però, si era rivelata un fallimento sul fronte della volontà: avrebbe messo tutto l’impegno necessario per assicurare il successo del progetto a lungo termine? Ho votato contro.
 
Ogni esperienza avuta in passato con questa persona mi aveva dimostrato che, quando si trattava di compiere lo sforzo necessario per realizzare, sviluppare, eseguire e sostenere il lancio di un progetto, non era in grado o non era incline a soddisfare i miei standard.
 
Era stato un no convinto da parte mia.
Ma dopo aver rifiutato l’idea di considerarla come una valida candidata, cominciai a chiedermi se fosse stato giusto valutarla usando i miei criteri di giudizio. L’avevo giudicata sulla base di ciò che avrei fatto io se fossi stato selezionato. Per essere più precisi, sulla base di ciò che avevo fatto in passato quando ero stato selezionato per un progetto molto simile. In quell’occasione mi ero ritrovato a lamentarmi di tutto il duro lavoro che avevo fatto e della sua evidente mancanza di interesse a fare lo stesso.
 
Forse mi sbagliavo. Forse questa persona si era solo imposta dei limiti migliori dei miei. Dopo tutto, era molto rispettata dagli altri, sembrava essersi costruita una carriera eccellente, che funzionava benissimo per lei, senza alcun aiuto da parte mia.
 
Mi sono anche chiesto perché fossi disposto ad impegnarmi così tanto in ogni progetto, anche quando non mi veniva richiesto. Dopo aver riflettuto, ho detto al collega che mi stava aiutando a trovare i candidati che forse avrei dovuto essere più simile a quella persona e non chiedere a lei di essere più simile a me.
 
Perché la mia “Vittoria Personale” era così debole e fragile da spingermi a fare sforzi incredibili, a volte assurdi, per guadagnarmi il rispetto degli altri, quando questa persona era ugualmente rispettata, senza aver lontanamente lavorato, secondo la mia stima, quanto avevo fatto io?
Ci sono molti giudizi arbitrari qui, lo so, ma magari fatti le stesse domande che mi sono posto io: “Sono abbastanza bravo?” “Mi sto sforzando troppo?” “Posso ottenere lo stesso risultato con meno sforzo, rischio o sacrificio?” “Perché sto sgobbando così tanto per ottenere qualcosa che gli altri non sono disposti a fare?”
La “Vittoria Personale”, come viene definita da Stephen R. Covey nel suo libro “Le 7 regole per avere successo“, significa sostanzialmente assumersi le proprie responsabilità, decidere cosa si vuole nella vita e concentrare i propri sforzi e il proprio atteggiamento verso il suo raggiungimento.
 
Non ti sto suggerendo di diminuire gli sforzi o di concentrarti meno sui tuoi obiettivi. Qualche volta la definizione stessa di successo è fare proprio ciò che gli altri non sono disposti a fare. Ma forse c’è qualcosa di giusto dietro questo concetto di “lavorare in modo più intelligente e non più duramente”.

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